DNA #3
“SANI COME DEI PESCI!”
di
Ermanno Ferretti
Interno di uno dei molti
ospedali di New York. Una corsia.
Il
dottor Berry cammina con passo veloce lungo il corridoio pulito da poco. Il
pavimento è quasi uno specchio, e tutto sembra emanare un’aria di lusso. Qui,
come riporta la stampa, sono ricoverati gli scienziati coinvolti
nell’esplosione dei laboratori Stark di solo 24 ore fa, ma non sembra siano
eccessivamente contenti del fatto che
l’assicurazione copra le loro spese mediche.
-
Signori, ho una buona notizia. Anzi, ottima. Ho qui in mano i risultati degli
esami a cui vi abbiamo sottoposti e sono risultati tutti negativi. Siete tutti
sani come dei pesci.
Solo
Mary Jane Watson, la moglie di uno dei degenti, sembra tirare un sospiro di
sollievo. I sei uomini che invece sono coricati nei letti hanno tutti uno
sguardo assente, carico di interrogativi. Ma anche tra di loro ci sono delle
differenze. C’è Harry Osborn, l’unico che si trovava fuori dallo spogliatoio al
momento dell’esplosione, il primo ad essere estratto dai soccorritori: ha un
braccio rotto, ma i suoi pensieri sembrano rivolti più ai propri colleghi che a
se stesso. C’è Peter Parker, forse, vista anche la sua giovane età, il più
promettente del gruppo, che sembra ancora cercare di rendersi conto di cosa gli
sia successo. Ci sono Otto Octavius, Adrian Toomes e Mac Gargan, tre scienziati
esperti che conferivano all’equipe anche un certo peso nella comunità
scientifica internazionale, il cui sguardo sembra rimuginare ossessivamente
qualcosa che solo loro conoscono. E l’ultimo è Curt Connors, il ricercatore che
proprio in questo giorno si doveva sposare. La sua ragazza è andata via da
poco, aveva da disdire le ultime cose. “Non ti preoccupare”, gli ha detto,
“rifaremo tutto tra qualche settimana”. Ma lui sa che le cose non saranno così
semplici.
L’E.S.U.
(Empire State University) a New York.
L’ufficio
del professor Reed Richards è il nascondiglio ideale per chi, come lui, in
certi momenti ha bisogno di staccarsi dalla vita reale e da quello che gli gira
intorno e buttarsi solo su scartoffie, dati ed esperimenti. Non a caso una
porta attigua dà direttamente su uno dei più attrezzati laboratori di
biochimica dello stato. Gli scaffali sono pieni di libri incastonati uno sopra
l’altro, nella scrivania regna quello che lo stesso professore sovente
definisce un “disordine scientifico” (cioè un disordine metodicamente
organizzato) e strani macchinari costellano il pavimento. La ricerca, oltre che
una parte del suo lavoro, è anche la sua più grande passione. Per questo aveva
accettato di dirigere il progetto che gli era stato proposto dal magnate
dell’industria Anthony Stark. L’avevano chiamato “Progetto DNA”, ma proprio
quando si era accorto che questo progetto poteva realmente dare delle
innovazioni fantastiche e, contemporaneamente, pericolose, tutto era saltato in
aria. Letteralmente.
Stark
l’aveva addirittura licenziato per questo, proprio davanti ai suoi colleghi,
proprio davanti a dei giornalisti che non avevano tardato a sbranarlo sulle
prime pagine dei quotidiani mattutini. Sulla sua scrivania ora c’è il Daily
Star, con una sua foto e un articolo di Lana Lane intitolato: Esplodono le
Stark - Licenziato Reed Richards.
Il
Daily Bugle.
-
Che storia è questa, Urich? - sta sbraitando il direttore, J. Jonah Jameson,
mentre esce dal suo ufficio diretto verso la scrivania di Ben Urich, un
giornalista che bazzica nella cronaca nera da anni. In mano brandisce, a mo’ di
arma, una copia dello Star. La mattina è il momento del confronto della propria
edizione con quella degli acerrimi rivali.
-
Hai letto l’articolo della Lane, Jonah?
-
Certo che l’ho letto. E ho letto anche il tuo, Urich!
- E
allora?
-
Dovrei essere io a dirlo!
-
Forza, dillo - Urich era abituato a quelle scenate sempre uguali e ormai non
gli facevano più né caldo né freddo.
- E
allora? - gli dava una certa soddisfazione andare in giro per la redazione
urlando contro i propri giornalisti. Era convinto che mantenesse alta la
tensione.
-
Sì, lo so, Jonah. La Lane ha calcato molto la mano sulle responsabilità del
professor Richards, ne ha fatto quasi un caso.
- E
tu perché non l’hai fatto?
-
Non mi sembrava il caso, e scusami il gioco di parole. Non mi sorprenderei se
Richards non avesse colpe.
-
Ma allora prendi posizione, santo iddio! Scrivi qualcosa, dì che Richards è
stato licenziato da Stark ingiustamente, inizia un’indagine, smaschera i veri
colpevoli così poi potremmo rinfacciare allo Star le baggianate che pubblica.
-
D’accordo Jonah. Mi stavo già mettendo in movimento.
-
Bravo Urich, così ti voglio. E poi, hai visto all’interno?
-
Cosa?
-
Hanno pubblicato un’intervista a Bob Wayne. Ci hanno fregato l’esclusiva!
-
Io ieri sera te l’ho consegnato l’articolo con l’intervista. Sei stato tu a
volerlo rinviare a domani per dare più spazio all’esplosione dei laboratori.
-
Lo so, Urich, non c’è nessun bisogno che tu me lo ricordi! Comunque, lo Star
anticipa anche che domani pubblicheranno un’intervista a Martin Mistery,
l’archeologo, antropologo, qualcosa del genere...
- E
tu vuoi che lo intervisti oggi, vero?
-
Bravo, così almeno domani non ci facciamo fregare di nuovo sul tempo. E adesso
- urla mentre si gira verso gli altri giornalisti che si erano fermati per
origliare il discorso tra i due - tutti al lavoro!
Empire State University. Un
ufficio del dipartimento di antropologia, al terzo piano.
-
Sì, Diana, sto lavorando. Sono qui nel mio studio e a dirti la verità ho un bel
mucchio di libri da studiare.
Alla
cornetta c’è Martin Mistery, il famoso studioso nonché divulgatore televisivo.
Il suo sguardo indugia un momento su una pila di libri accatastata vicino alla
porta dello studio, ricoperta da almeno tre dita di polvere, poi, mentre saluta
la sua ragazza all’altro capo dell’apparecchio i suoi occhi si posano su una
copia del Daily Star, che tiene aperta sulla scrivania. L’ha comprato perché
era curioso di vedere cosa avrebbe scritto la bella Lana Lane e che risposte si
sarebbe inventata per la sua intervista, ma si è invece trovato in prima pagina
l’attacco al suo collega Reed Richards e all’interno un’intervista a un certo
Bob Wayne, un nuovo concittadino miliardario. Del pezzo su di lui solo un
rapido accenno per annunciarne la pubblicazione il giorno successivo.
Ma
la sua attenzione si catalizza sull’articolo dedicato all’eminente professore
di biochimica. Lo conosce bene, probabilmente meglio di quanto conosca
qualsiasi altro collega dell’università. La loro smodata passione per le
rispettive materie li ha spesso portati a collaborare nello studio delle ere
passate, usando la scienza come strumento per comprendere in maniera più
approfondita le epoche e le società e le loro evoluzioni. Una mente dinamica,
pensa Mistery. Un personaggio però anche molto scrupoloso, che mai avrebbe
commesso una leggerezza come quella di cui lo accusava lo Star e lo riteneva
responsabile il padrone dei laboratori, Tony Stark. Mentre ripiega il giornale,
pensa che sarà meglio passarlo a salutare nel suo studio, due piani più sopra,
e magari fermarcisi a parlare per capire meglio la situazione. Ma prima urge
una rispolverata ai libri. Diana era solita fare improvvisate e sarebbe stato
un guaio se i libri che le aveva detto di dover leggere avessero manifestato
così apertamente la sua “innocente” bugia.
Quel che resta dei
laboratori Stark, nei dintorni di New York.
Tony
Stark sta girando tra i pochi ruderi rimasti in piedi del suo laboratorio,
assieme ad alcuni suoi tecnici, al capo dei vigili del fuoco e al tenente
incaricato delle indagini sullo scoppio di appena ventiquattr’ore prima. Indica
loro qualche colonna danneggiata, mostra i piani di costruzione dello stabile,
discute. Tutti lo stanno ad ascoltare. E’ abituato, da sempre, a dirigere ogni
tipo di operazione. E’ il tenente Mawlaw a rompere il silenzio dei suoi
ascoltatori.
-
Quindi, signor Stark, lei non ritiene probabile un’ipotesi dolosa...
-
La escluderei del tutto, tenente. Come vi ho appena spiegato, gli efficienti
sistemi di sicurezza installati nel laboratorio non hanno riscontrato nessuna
anomalia, nessun tentativo di intrusione esterno nè attentato alle Stark
Industries. L’unica spiegazione logica che ci possiamo dare è quella di
un’esplosione provocata dagli stessi esperimenti che qui venivano condotti,
esperimenti complessi e spesso pericolosi, che evidentemente il responsabile
della sicurezza aveva sottovalutato.
-
Sì, ho letto del prof. Richards sul giornale - gli annuisce il tenente.
-
Bene, se non c’è altro io vi saluterei... sapete, ho un’importante riunione a
Manhattan!
-
Certo, per conto mio ho avuto le informazioni che cercavo - ribatte Mawlaw,
riprendendo poi - Le chiedo solo l’autorizzazione di dare un’occhiata in giro.
-
Sicuro, tenente. Non abbiamo niente da nascondere. Giri quanto le pare...
Stark
sa in effetti che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Ha richiesto lui, tramite
i suoi potenti appoggi politici, un ispettore non troppo acuto né impiccione.
Sa che Mawlaw bazzicherà solo lì attorno per un giorno o due, più che altro per
salvare le apparenze. Se la versione della Stark è che si tratti di un
incidente, allora la versione della polizia vi si adeguerà.
Una macchina su una delle
larghe strade di New York. Interno.
Mary
Jane Watson sta guidando con calma, senza fretta, sempre pronta a gettare lo
sguardo alla sua destra, sul sedile del passeggero, dov’è seduto il marito
Peter. L’hanno appena dimesso dall’ospedale ed ora stanno ritornando a casa,
nel Queens. Là li aspetta la vecchia zia di Peter, May, che hanno accolto tra
loro una volta sposati, e probabilmente una bella tazza di tè caldo. E’ stata
felice quando i medici hanno comunicato l’esito delle analisi, ma ha notato
subito la reazione di Peter e dei suoi colleghi. C’era qualcosa che non sapeva
ed ora, con calma, deve cercare di chiederlo al marito.
-
Senti, Pete, ma cos’è che studiavate, di preciso?
-
Lo sai, MJ, non è un mistero... il DNA di molte specie animali.
-
Ok, questo è quello che dici a tutti, ma adesso dimmi la verità. Cos’è che
studiavate?
-
Cosa intendi?
-
Ho visto la tua faccia e quella dei tuoi amici all’ospedale. Non v’importava
niente dei risultati delle analisi. Eravate preoccupati per qualcos’altro, e io
voglio sapere cosa.
-
Mah, sarà stata la delusione per mesi di lavoro andati in fumo...
-
Pete, non raccontarmi balle, non a me.
-
Ok, scusa. Ti racconterò tutto.
-
Quando?
-
Ti prego, dammi un attimo di tregua. Appena arriviamo a casa. Là ho ancora
degli appunti e degli schemi. Sarà più facile da spiegare.
La porta dello studio di
Reed Richards.
Mystery
si sta recando con passo deciso verso l’ufficio di Reed: spolverare quei
dannati libri gli ha portato via molto più tempo del previsto e sa che tra una
ventina di minuti il collega deve tenere la sua consueta lezione in Aula 3. Non
avrà molto tempo per parlargli, ma di certo gli basterà per esprimergli la sua
solidarietà, cosa che in questo momento gli preme maggiormente. Sta per bussare
alla porta quando da questa esce il prof. Warren, il preside di facoltà. I due
si salutano anche se si conoscono solo di vista, e Mistery lo guarda mentre si
allontana. Sembra quasi imbarazzato, pensa. Poi entra.
Reed
è seduto alla sua scrivania, le mani giunte in una posizione che forse dovrebbe
favorire la riflessione.
-
Ciao Reed.
-
Oh, ciao Martin, come va?
-
Io bene, grazie. Senti, ti rubo solo due minuti che dopo so che hai la
lezione...
-
Di minuti puoi rubarmene quanti vuoi. Non ci sarà nessuna lezione. O meglio, la
terranno i miei assistenti.
-
Come mai? Sei sempre stato il professore più presenzialista che conoscessi. Non
vorrai dirmi che stai diventando uno di quei tizi
“io-sto-tutto-il-tempo-a-fare-esperimenti-quindi-non-ho-tempo-per-insegnare”,
vero?
-
No, è molto più semplice. Sono stato sospeso.
-
Sospeso?
-
Sì, è passato di qui il prof. Warren, incaricato dal rettore di “invitarmi a
prendere qualche settimana di pausa, finché non si fossero chiarite del tutto
le mie responsabilità”.
-
Responsabilità su cosa?
-
Sui laboratori Stark, è chiaro. D’altronde, questa università si basa anche e
soprattutto sui finanziamenti dei privati ed avere come insegnante di
biochimica uno che fa saltare in aria i laboratori non è una gran bella pubblicità,
effettivamente.
-
Ma pensi davvero che sia stata colpa tua?
-
Ti sembro il tipo da commettere errori così grossolani come quelli che cita lo
Star? - gli dice, brandendo il giornale.
-
Senti allora, che ne dici se il tuo professore di antropologia preferito non si
mette a fare qualche indagine per conto proprio, dato che le Stark sembrano
avere già accantonato l’idea di un’inchiesta?
-
Te ne sarei grato, ma dubito che tu riesca a tirarne fuori qualcosa. Tony Stark
è un uomo molto potente, e se ha deciso che la colpa è mia ci sarà ben poco da
fare.
-
Questo è ancora da vedersi.
La casa di Curt Connors, a
Soho. Sera.
Curt
Connors, uno degli scienziati coinvolti nell’ormai famoso incidente ai
laboratori Stark, vive solo in una casa troppo grande per un’unica persona. E’
la casa dov’è cresciuto, la casa dei suoi genitori, quella che doveva diventare
la casa della sua nuova famiglia. Ora, di sera, col buio, ha l’aspetto
spettrale delle case disabitate. Ma Curt non ha paura degli spettri, non è
qualcosa di esterno che lo preoccupa così tanto. Il problema è dentro di lui.
Si corica su quello che era il suo lettino da ragazzo, nella sua vecchia
stanza. Tiene la luce accesa, come per sentirsi più sicuro. Ma le convulsioni
arrivano comunque. Sono spasmi fortissimi, che lo fanno raggomitolare, come se
il concentrare il suo corpo in un piccolo spazio potesse servire e fermarli. Si
fanno però sempre più forti e lui sa qual è il motivo, sa da dove vengono e
dove lo porteranno. Ma non ha la minima idea di come fermarli. La luce è fioca,
è solo la piccola lampada da comodino ad illuminare la stanza, ma è come se in
questa penombra i colori cambiassero, sfumassero verso altre tonalità. E la
pelle di Curt sfuma verso il verde.
CONTINUA
SUL PROSSIMO NUMERO
Note:
continuiamo a portare avanti le varie sottotrame, ma finalmente siamo quasi
arrivati all’azione.
Nel prossimo numero: Peter spiega finalmente cosa si studiava in questi laboratori Stark e compaiono i primi super-esseri.